ChatGPT, immagini generate dall’IA: riflessioni tra creatività, etica e ispirazione

Nelle ultime settimane, una delle novità più discusse all’interno dell’ecosistema ChatGPT è la possibilità, oggi integrata anche nella chat, di generare immagini tramite comandi testuali. Non si tratta più di dover aprire un servizio esterno come DALL·E, Midjourney o Stable Diffusion, ma di ottenere, nel flusso stesso di conversazione, immagini coerenti con il contesto testuale, perfette per illustrare, ispirare o raccontare.

Questa funzionalità, tanto rivoluzionaria quanto controversa, ha acceso il dibattito sulla proprietà intellettuale, sulla libertà artistica e sul valore dell’originalità nell’era dell’AI generativa.

🎞️ Il caso Studio Ghibli: quando lo stile diventa motivo di scontro

Una delle polemiche più forti emerse in rete ha riguardato proprio la generazione di immagini “in stile Studio Ghibli”.

Molti utenti, sfruttando la potenza della nuova AI, hanno iniziato a richiedere illustrazioni con descrizioni come “una scena in stile Ghibli”, “un paesaggio che ricorda Miyazaki”, “una foto di me in stile Ghibli”, ecc…. La reazione online non si è fatta attendere: fan, artisti e creativi hanno criticato l’uso di un’estetica così riconoscibile, accusando l’AI di “rubare” o “imitare” qualcosa che appartiene a una specifica sensibilità artistica.

Ma cosa significa davvero “generare in stile Ghibli”? L’AI, per sua natura, non copia direttamente opere esistenti, ma riformula e rielabora su base probabilistica milioni di immagini viste in fase di addestramento. Il risultato può evocare l’anima dello studio giapponese, ma non è una copia diretta, bensì una reinterpretazione su ispirazione.

🧠 Etica, copyright e creatività: l’AI è davvero il problema?

Il vero nodo della questione non è l’AI in sé, ma l’uso che se ne fa.

Come ogni strumento potente, l’intelligenza artificiale generativa può essere un’arma a doppio taglio. Generare un’immagine che evoca uno stile particolare può essere un atto creativo, ma diventa problematico se viene usato per ingannare, monetizzare o spacciarsi per qualcun altro.

La differenza è sottile ma fondamentale:
🔹 Se creo un’immagine per ispirarmi, raccontare una storia, ideare un progetto, sto usando l’AI in modo sano e consapevole.
🔹 Se uso l’immagine per vendere un prodotto spacciandolo per “ufficiale Studio Ghibli”, sto violando un’etica e forse anche un copyright.

✨ Ma non abbiamo sempre imitato?

La verità è che l’essere umano ha sempre copiato.

Dai pittori del Rinascimento che studiavano gli antichi greci, agli studenti di musica che replicano Bach, fino ai designer che si ispirano ai grandi maestri… imitare è parte del processo creativo.

L’arte nasce, da sempre, da un dialogo tra ispirazione e interpretazione. Anche l’idea di “stile” si è sempre costruita nel tempo: riconosciamo un quadro “alla Van Gogh”, una scena “alla Kubrick”, un design “alla Apple”. E lo facciamo perché l’essere umano tende naturalmente a categorizzare, ispirarsi, reinterpretare.

Quindi, perché scandalizzarci se oggi anche un algoritmo è capace di farlo? Forse è il momento di riscrivere le regole, non per vietare, ma per guidare.

🧭 Verso un uso consapevole dell’AI

La sfida oggi non è fermare l’AI, ma educare al suo utilizzo.
Serve consapevolezza, etica, trasparenza.

Chi genera immagini dovrebbe:
✔️ dichiarare l’uso dell’AI (soprattutto se usate in ambiti commerciali);
✔️ evitare la replica identica di personaggi protetti da copyright;
✔️ usare lo stile come ispirazione e non come appropriazione indebita.

E, soprattutto, promuovere la coesistenza: tra artisti umani e strumenti digitali, tra emozione e automazione, tra tradizione e innovazione.

💬 Conclusione: la bellezza non va mai temuta

In un mondo dove le macchine possono generare immagini, scrivere poesie e comporre musica, siamo forse meno umani?
No. Siamo semplicemente chiamati a riflettere di più sul nostro ruolo, sulle nostre intenzioni, sul significato profondo di creare.

L’AI non ruba creatività, ne amplifica il potenziale. Ma sta a noi decidere come usarla, perché usarla, e cosa farne.

E allora sì, anche un’immagine “in stile Ghibli” può avere valore… se nasce da un pensiero onesto, da un’intenzione pulita, da un desiderio vero di raccontare qualcosa.

Perché, in fondo, non è la tecnologia a definire l’arte. È l’anima di chi la guida.

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Informazioni su Francesco Menzera

Francesco Menzera, nato nel 1979 a Taranto, è Senior ICT Specialist presso Planetek Italia, fotografo professionista e networker. Ex volontario della Marina Militare Italiana, ha fondato l’Associazione Criptaliae Events nel 2023. Appassionato di musica elettronica, ha pubblicato due singoli e tre libri: una guida su Microsoft Copilot, il motivazionale "Dalla visione all'azione: trasforma le tue idee in successi" (2024) e "La rivoluzione invisibile: intelligenza artificiale e ChatGPT nel 2025, tra teoria e pratica". Ama la compagnia, la buona cucina, il buon vino e imparare sempre cose nuove!

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